SCOPRIAMO L’ECCELLENZA DELLE CALZE MADE IN ITALY CON LUCA BONDIOLI
Quando ho pensato di dar vita a questo blog l’idea iniziale era quella di assecondare la mia passione per le calze come indumento da indossare, saper abbinare e consapevole che come accessorio moda possono essere vere protagonista del proprio outfit. A questa idea più fashion si sviluppa in parallelo l’idea di parlare di calze come simbolo di femminilità e seduzione, aprendo un capitolo importante per i nostri post. A prescindere dalla moda, si è parlato della calza, della sua storia, del suo simbolismo e ho cercato di dare informazioni e consigli su come sceglierle, abbinarle, capire il giusto modo di indossarle.
In questi mesi ho dialogato anche con diversi personaggi, molti dei quali produttori di calze in Italia e di molti abbiamo scritto e letto insieme. Oggi incontro un personaggio “particolare”…lo definisco così perché non sapevo esistesse un distretto di produzione delle calze e soprattutto con il tempo sono venuta a conoscenza di una grande produzione italiana di calze, che arrivano come simbolo del nostro made in Italy in tutto il mondo. Lui è Luca Bondioli, presidente dell’Adici, che da sempre segue il blog e visto il comune interesse si è prestato volentieri a rispondere alle mie domande. Così conosceremo dall’interno la realtà della produzione di calze e la sua portata a livello internazionale.
Salve Luca, innanzitutto spiegaci cos’è l’ADICI e perché è stata costituita. ADICI, Associazione Distretto Calza e Intimo nasce nel 2009 per iniziativa di drappello di imprenditori del settore, per lo più trentenni, molti di loro rappresentanti della terza generazione impegnata nelle aziende di famiglia. Le motivazioni che ci hanno spinto a metterci in gioco sono da ricercarsi nella convinzione che il nostro distretto vuole e può continuare ad essere un distretto d’eccellenza, ai vertici mondiali per quantità e qualità nella produzione delle calze. Il know-how costruito in decenni di sacrifici fatti da imprenditori e lavoratori del settore merita di essere tutelato, difeso, per poter essere rilanciato.
Quante aziende ci sono in Italia e quanto è ampia la produzione della calza. La produzione di calze da donna contata ancora nel distretto tra Brescia e Mantova oltre 400 aziende, per circa 11.000/12.000 addetti tra diretti e indiretti, e un fatturato di poco superiore al miliardo di euro.
La moda italiana eccelle, dunque, anche per la calza e a quanto pare soprattutto all’estero. Confermi? Quali paesi richiedono i nostri prodotti? Il distretto è assolutamente vocato all’export, con oltre 600 milioni di euro realizzati nel 2012. Oltre 400 milioni di euro sono realizzati sui mercati della UE 27, tra cui spiccano per importanza Francia, UK, Germania e Spagna. Il resto del mondo pesa ancora relativamente poco, circa 42 milioni di euro, di cui circa 18 milioni di euro conseguiti sui mercati asiatici e altrettanti nelle Americhe, con gli USA a poco meno di 10 milioni di euro. In generale la cultura della calza è particolarmente radicata nei paesi asiatici. Giappone, Cina e Korea rappresentano quindi mercati ai quali guardare con molto interesse in futuro.
Puoi farci qualche nome, vista la tua esperienza diretta, di marchi italiani importanti e che lavorano al top della qualità. Mentre all’estero quali sono i marchi che potrebbero essere nostri concorrenti? Ci sono diversi marchi italiani importanti, e nel complesso tutti offrono relativamente al proprio posizionamento di mercato il massimo della qualità. Fare nomi vorrebbe dire fare torto a qualcuno.
In una tua recente intervista al TG5 hai parlato del problema della contraffazione. Esiste veramente e quali sono le sue conseguenze? Esiste, eccome. Lo abbiamo segnalato ancora sul finire del 2011, quando abbiamo avuto la possibilità di essere convocati in audizione dalla COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE E DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE. Dall’indagine presentata emergeva che il 15% delle calze analizzate era priva di etichettatura, nel 34% dei casi l’etichetta riportava composizioni fibrose errate, che nel 6% dei casi si erano trovati residui di metalli pesanti, mentre con un peso del 4% ciascuno alcuni campioni avevano dato esito positivo relativamente alla presenza di formaldeidi, ammine aromatiche cancerogene e coloranti allergenici. E’ del tutto evidente quindi che da un lato il consumatore rischia di pagare per prodotti realizzati con fibre meno pregiate di quelle dichiarate o per prodotti di cui nulla può sapere circa la loro qualità essendo mancanti di etichettatura. Dall’altro, e questo è ancor più grave, il consumatore è esposto a seri rischi per la propria salute, essendo le sostanze riscontrate potenzialmente causa di dermatiti ed altre patologie rilevanti.
Quali sono secondo te le caratteristiche essenziali che contraddistinguono la vera calza “made in Italy”? Credo che lo slogan adottato da ADICI le riassuma al meglio: BELLO E BEN FATTO. Aggiungerei anche SICURO, visto l’assoluto scrupolo con il quale le aziende italiane del settore lavorano.
Nella produzione della calza si può parlare di artigianalità e tradizione in parallelo all’innovazione tecnologica? Si può parlare di entrambe, e senza tema di smentita. Da un lato le aziende del distretto utilizzano lo stato dell’arte delle macchine circolari. Dall’altro l’inserimento nelle collezioni di calze fantasia, stampate, con applicazioni (es. Swarovski, ecc.) ne fanno un prodotto che testimonia l’altissima capacità artigianale presente sul territorio.
In questi mesi sono venuta a conoscenza di molti marchi italiani che producono esclusivamente per l’estero senza presentare i loro prodotti sul mercato italiano. Come mai? Questione di costi o di target? Entrambi. In Italia mancano i retailer in grado di sviluppare una proposta sulle calze qualitativamente diversificata. La distribuzione si è sviluppata soprattutto grazie a pochi marchi che hanno fatto crescere il mercato in volume, ma necessariamente massificandolo. Dall’altro la GDO, altro canale di distribuzione importante, è in Italia attenta primariamente al prezzo, diventando quindi inaccessibile per molti dei nostri produttori nazionali. Risultato: si servono i mercati esteri dove retailer qualificati e una GDO che valuta meglio il rapporto qualità/prezzo permettono alle nostre aziende di giocarsi la partita.
Da presidente dell’ADICI quanto è diffusa nel nostro paese e nel settore moda la cultura della calza? Purtroppo ancora molto poco. In particolare il dialogo con gli stilisti è ancora solo abbozzato, persistendo difficoltà nel far percepire le potenzialità che la calza potrebbe avere nel caratterizzare a pieno il look. Come associazione abbiamo fin da subito cercato di avviare questo dialogo, cercando di proporre la calza non più come prodotto di consumo, ma come accessorio di moda.
Te lo chiedo perché tra le “consumatrici” i marchi più conosciuti sono pochi e sempre gli stessi, mentre esistono numerose aziende di gran pregio poco conosciute, difficili anche da trovare nei negozi (se non quelli specializzati). Mi spieghi a cos’è dovuto questo squilibrio: scelta di mercato, mancata comunicazione, questione di costi più alti elevati rispetto a una serie di prodotti più “commerciali”? Pochi marchi conosciuti, è vero. Ritorniamo a quanto detto precedentemente, manca una distribuzione adeguata. Le vecchie mercerie che potevano offrire alla clientela servizio e scelta sono scomparse, a tutto vantaggio di franchising che hanno giocoforza massificato il prodotto.
Sono curiosa di sapere quante persone lavorano per la produzione della calza e come viene ideato un modello di calza. Nonostante la crisi abbia colpito duramente anche il nostro settore, ancora oggi nel distretto lavorano direttamente e indirettamente per la calza non meno di 12.000 persone. La creazione delle collezioni è sempre più un esercizio di apertura verso il mondo, pronti a cogliere le tendenze e le sollecitazioni provenienti dagli ambiti più disparati. Inoltre, possibilità di filati, di stampa, di tintoria, di applicazioni e altro ancora hanno ampliato di molto la creatività che si può mettere in campo nell’ideare i nuovi modelli.
Che rapporto esiste tra la moda calza e la moda tout court..? Il rapporto con il mondo della moda è ancora, come detto sopra, molto lontano, ma qualche grande firma comincia ad intuire il potenziale della calza come accessorio e ad apprezzare la qualità e l’innovatività dei campionari proposti da alcune aziende del distretto.
Grazie a Luca Bondioli, e per chi volesse saperne di più www.adici.it
Le foto a corredo dell’intervista sono tratte dal Calendario “Bellezze del Garda 2013” pubblicato dall’Adici.
Madame G.