LE CALZE ATTRAVERSO LA PUBBLICITA’ – puntata 1
Un po’ di storia non guasta mai, soprattutto se parliamo di calze. Tempo fa abbiamo percorso la nascita e l’evoluzione delle calze, da quelle di seta al nylon, dalle calze classiche alla nascita del collant, abbiamo indagato nell’etimologia e studiato come cambiano le mode e le tendenze nel tempo e con esse l’immagine della donna e il suo potere seduttivo.
Riprendiamo ora un percorso simile, concentrandoci questa volta sulla pubblicità. Dalle immagini comparse sui primi giornali e magazine femminili, fino agli spot pubblicitari che ci hanno accompagnato in questi anni. Un percorso originale che ci permette di capire non solo l’evoluzione del prodotto e della moda che esso detta, ma anche della società che lo utilizza e dell’immagine simbolo che la donna acquista attraverso l’oggetto “calza”.
In principio era la seta, la più fine e preziosa delle fibre in natura, simbolo di una donna elegante, soprattutto se indossava le “Bas Gui”: marca di calze risalente agli anni ’30 in Francia e che si vantava di essere prodotta solo in seta 100%. Questo era il suo plus valore che si contrapponeva alla nascente seta “artificiale” che avrebbe con il tempo portato al boom del nylon. Tra le protagoniste di rilievo un’azienda italiana (si profila il made in Italy nel campo dei calzifici) la “Seta Bemberg”, che propone calze prodotte con un filato rivoluzionario ottenuto dalla cellulosa.
A pochi anni di distanza, esattamente nel 1935, W.H. Carothers, un ricercatore della DuPont, mise a punto il nylon, capostipite delle fibre sintetiche, destinato in pochi anni a rivoluzionare il mercato delle calze da donna. Prodotto anche in Italia dalla Rhodiatoce, a partire dai primi anni ’40, questo filato entrò nel mondo della pubblicità con il marchio della DuPont, che divenne ben presto un nome comune sul mercato legato alle calze.
Proprio in questo periodo, considerato anche l’aumento della produzione delle calze grazie al nylon, che permetteva una conseguente e maggiore diffusione e commercializzazione del prodotto, fanno capolino diversi calzifici e comincia una comunicazione del prodotto diversa e massiccia. Gli spot aumentano con il nascere delle aziende e con la diversificazione del prodotto. E’ della fine degli anni ’40 la pubblicità del Calzificio De Bernardi che definiva le proprie Calze Naylon come “le più leggere del mondo” affidandone l’immagine ad una sorridente femme fatale in posa sexy, con body e calze velate, sotto una cappa bordata di ermellino da Wandissima sorridente.
Dieci anni più tardi, siamo negli anni ’50 arrivano le Calze FAMA, che vantano un altro primato, si proclamano “le più fini del mondo in nylon Rhodiatoce”. Negli stessi anni, in Francia, le “Bas Chesterfield”, ricorrendo ad una immagine grafica di grande fascino si definiscono “fini come il fumo di una sigaretta”. Verso la fine degli anni ’50 le Calze OMSA fanno leva sull’eleganza e sulla raffinatezza, sottolineando la disponibilità di una vasta gamma di colori nuovi e citando il numero degli aghi, con riferimento alla finezza delle macchine: un dato che entrerà nel linguaggio delle signore e diventerà criterio di qualità nella scelta (chi non ricorda le favolose “calze milleaghi”?).
Con le calze Omsa comincia l’era del prodotto che punta alla massificazione. Omsa, infatti, è il primo calzificio che cerca la fidelizzazione delle consumatrici attraverso un concorso a premi che mette in palio ogni mese una pelliccia di visone: l’oggetto dei desideri delle donne italiane nell’era del boom economico. In ogni caso il messaggio centrale di ogni marca è l’eleganza e la femminilità. La calza rimane sempre un accessorio del proprio guardaroba capace di regalare alla donna fascino, seduzione e un tocco di femminilità in più. Caratteristiche che ruotano intorno ai filati piuttosto che alle linee o ai modelli. Fino agli anni ’70 i modelli proposti erano classici, calze chiare o velate nere, con la riga o a rete. Sul mercato troviamo questi prodotti dedicati alla donna. Sarà poi l’era del collant prima e dell’autoreggente poi a far aumentare la possibilità di scelta e di conseguenza di cambiare nel tempo l’immagine della donna.
Alla prossima puntata…Madame G.