Calze made in Italy in Italia e all’estero…
L’altra giorno mi sono sfogata sulla mancanza di qualità che c’è in nella moda. Il mio è stato un discorso generico che comprendeva l’abbigliamento in genere, oggi parliamo di qualità e di calze, un binomio importante soprattutto in Italia, che è un paese che nel mercato internazionale può dare tanto a quanto pare.
Dall’Adici – Associazione distretto calza e intimo (www.adici.it) mi arrivano continui aggiornamenti e notizie interessanti su mercato e ricerca dei nostri calzifici. Per chi non lo sapesse il comparto calza che ha la sua culla al Nord, a Castel Goffredo, operano circa 400 imprese, le quali sviluppano l’80% del fatturato italiano del settore, il 70% della produzione europea , un indotto notevole che va tenuto vivo. Dai segnali che l’Italia riceve dall’estero si evince che il prodotto italiano è di grande qualità, che è richiesto e che può creare un mercato nuovo che dia grandi soddisfazioni. “Per vincere bisogna lavorare in sinergia”, sottolinea Luca Bondioli presidente di Adici, che mette in parallelo i produttori di calzi e filati con i produttori di mele della val di Non. “Oggi nel mercato, per affermarsi e avere successo, c’è bisogno di ricerca e innovazione, per poter attuare ciò, c’è bisogno di sinergia e collaborazioni tra le realtà coinvolte. Insieme si può arrivare lontano, da soli si rischia di soccombere”.
Da una spedizione in Israele che si affaccia come buyer delle nostre calze, Davide Bonassi segretario di Adici, fa notare che le nostre calze hanno riscosso successo e ammirazione. Tanti i complimenti ricevuti per un “made in Italy” ben fatto che ha lasciato i compratori a bocca aperta , che hanno elogiato le cuciture, i filati, la morbidezza al tatto, i colori, le stampe, le trame… qualche complimento in meno sul prezzo. Sintomo che trova soluzione nella soluzione proposta da Bondioli.
Questo significa che il mercato delle calze, seppur in forte rilancio e nell’ultimo periodo molto considerato dalla moda, blog, riviste e media, ha bisogno di slancio, di idee nuove. Quando si parla di calze italiane è immediato pensare a tradizione, artigianato, ricerca dei filati e design e creatività. Questo si traduce con il termine di qualità, ma che non deve essere un termine relegato a un mercato alto e di nicchia, ma che può e – aggiungo deve – essere diffuso in un mercato più di massa. Come si fa? Da blogger e persona che lavora nel mondo della comunicazione la cosa che manca in alcuni settori è la cultura, che può diventare esigenza, del prodotto di qualità. Nel settore food assistiamo negli ultimi tempi alla ricerca del prodotto non solo buono, ma sano e genuino, prodotto di e con qualità, la stessa cosa deve essere traslata nel comparto moda/calze. Creare l’esigenza della qualità, che sia però anche facile da reperire e approcciabile commercialmente, senza divari troppo ampi tra prodotti economici ma fatti male e prodotti di qualità ma troppo cari e solo per nicchie.
Come consiglia Luca Bondioli: una sinergia nella produzione per un abbattimento dei costi potrebbe portare alla conquista sicura di nuovi mercati. E abbassare i prezzi non deve essere tradotto come abbassare la qualità, ma interpretato come un rinnovamento per i processi produttivi al fine di essere competitivi e conquistare posti di rilievo sia in Italia che all’estero.
Per chi volesse leggere gli articoli comparsi sul Corriere delle Sera, nelle pagine di Brescia.
Corriere della Sera 8 gennaio 2014
Corriere della sera 8 gennaio 2014 n.2
Madame G.